Di questi tempi un anno fa, appena di
ritorno da Riga (Lettonia) decisi di scrivere un libro di poesie, poche delle
quali erano allo stato embrionale e tante immagini e foto e quadri che avevo
vissuto e condiviso nel mio inconscio e in presenza con tanti amici, anche
virtuali.
Nella mezzanotte del solstizio d'estate
alla fine di maggio, come per incanto nel cammino del cantiere navale del porto
di Riga, dietro ai miei pensieri inespressi, arrivai all'ultimo lembo, di là
dal quale cominciavano le foreste che più a nord si inoltrano per le coste
Russe fino in Finlandia.
E il Sole invece di sparire
nell'orizzonte, per una tensione inversa iniziò a risalire come se stesse per
esplodere. Ma ciò che cambiò fu il cielo: da un grigio azzurro ondeggiante sul
violaceo, nel tempo di in un battito di ciglia, divenne giallo arancione e
tutto intorno vi fu un silenzio d'attesa.
E venne un lampo, ma non da fuori: un
turbine di idee si condensò in rime, proprio mentre stavo scattando questa
foto.
La mattina stessa mi feci aiutare da un
collega natio, di ritorno nella sua casa, per scrivere alcune righe in
assonanza allo stile del poeta lettone Imants Ziedonis (3 maggio 1933 –
27 febbraio 2013). Nelle ore successive in stato di ipnosi auto indotta,
scrissi alcuni appunti pensando al porto e al Sole, dove quest'ultimo mattino aveva già
preso congedo dalla base dell'orizzonte. E poi azzardai alcune sonorità di una lingua per me
estranea, se non per alcuni termini di Ziedonis. Quell'embrione di
scritti nelle settimane successive divenne la poesia “Il semicerchio del
giorno”, del mio libro “Sogni Sospesi”.
Il semicerchio del giorno
D’ombre d’acqua di cielo distese,
ondeggi ogn’ora sulla sottile traccia.
Strette superfici stringono saette
di raggi diffusi sul cieco fondale.
Improvvisi tremolii d’iridi cremisi,
spingono tue sfocate scie sotto
solidi sigilli, interrati in scrigni
d’affannate notti dormienti.
Attese risposte non sottrai
attorno agli assorti sguardi.
Accolte veglie invocate, infondi
in foniche inferme fiamme.
Crepuscoli compressi contieni navigando
attorno all’oscillante anello aereo e
nell’occhio d’orizzonte d’ogni desiderato
senso, accarezzi alfine le palpebre distese.
Che tiene conto della sonorità della lingua lettone, come questa
traduzione imprecisa e superficiale, scritta tenendo conto dell'ammirazione
quel semicerchio di colori in continua mutazione.
Pusaplis
dienas
Ūdens plašumiem
debesu ēnas, kas
šūpoties katru
stundu uz šauras.
Šaurās virsmas
shaking darting stariem
plaši izplatīta
jūras dibena neskaidra.
Pēkšņas mirgo sarkanās
trīce,
push jūsu izplūdušu
takas
cietās blīves, kas
ir ietverti lādes
bezmiega naktis un
nemierīgi.
Netiek ņemta vērā
paredzamo atbildes
ar acīm, kas jūs
brīnums.
Pieņemt faktu
jautājumiem un izplatīt liesmu
un skaņas visu
ugunsgrēku.
Jums pārlūkot uz
mazām twilights
ap gredzenu
plaknei, kas svārstās
pagrieziena pie
apvāršņa,
kur katrs plakstiņa
ir difūzs glāstīja.
E di
ritorno in Italia a giugno continuai a richiamare sogni del passato e gli echi
di quelli futuri, oscillanti anche nella sospensione del semicerchio del
giorno.
Ricordo
che il mio libro di poesie con immagini "Sogni sospesi" lo
puoi trovare QUI.
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