Le donne hanno
inventato l'agricoltura e contribuito a organizzare la raccolta razionale
dell'acqua in gruppi associati dalla notte dei tempi. Le donne hanno creato e
ricreato i luoghi sicuri per tutti, e hanno permesso anche ai maschi di
tramandare nel linguaggio e nei segni, la storia e la biografia del gruppo e
del clan. Nei secoli la titolarità e i nomi di coloro che hanno detenuto le
tecnologie della parola e della memoria, sono stati i maschi.
La casa sicura
che è stata da sempre fonte di vita, per la donna fu ed è anche la prigione
oscura di catene imposte nella violenza fisica e nelle parole che ordinano il
mondo e il tempo.
Le donne hanno
cercato comunque autonomia nelle attività di produzione, di commercio dei
manufatti della terra e della cultura e della memoria. Più di due miliardi di
donne, dentro casa, come detenuti condannati all'ergastolo, in libera uscita
solo con il promesso sposo per il matrimonio o accompagnato da un parente
maschio per il funerale, detengono quella piccola economia che permette
agli altri due miliardi e più di persone di lavorare sottocosto per i potenti del
luogo e per i paesi tecnologicamente avanzati.
Da sempre in
gruppi e a titolo personale le donne hanno cercato di porsi e ancora oggi e
sempre di più, come titolari autonomi della propria soggettività: di disporre
del proprio corpo e di poter dichiarare almeno il proprio stato di minorità.
Nadia
Anjuman nata
indicativamente nel 1980 è stata una poeta e giornalista afgana. Nel 2005,
quando era ancora studente alla Herat University, pubblicò il libro di poesie
dal titolo Gul-e-dodi ("Dark Red Flower"), diffuso
immediatamente in Afghanistan, Pakistan e in alcune zone dell'Iran. Parlava di
sé, di tutte e, senza offendere, lasciava apparire le emozioni e mostrava che
anche una donna può parlare totalmente del mondo prescindendo da imposizioni
millenarie. In più, assieme ad altre donne creò un circolo letterario di studi
su William Shakespeare and Fyodor Dostoevsky.
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Nadia Anjuman - Immagine presa QUI |
E chiarì subito
la questione:
SONO IMPRIGIONATA IN QUESTO ANGOLO
Sono imprigionata in questo angolo piena
di malinconia e di dispiacere. Le mie ali sono chiuse e non posso volare.
Perché non si può parlare, ma la poesia è parola ancora prima del
testo scritto, perché esce dal corpo:
NESSUN DESIDERIO PER APRIRE LA MIA BOCCA
[...]
La mia bocca dovrebbe essere sigillata.
Oh, il mio cuore, lo sapete, è la sorgente.
E il tempo per celebrare.
Cosa dovrei fare con un’ala bloccata?
Che non mi permette di volare.
Sono stata silenziosa troppo a lungo.
[...]
Io non sono un debole pioppo
scosso dal vento.
Io sono una donna afgana.
E la (mia) sensibilità mi porta a lamentarmi.
Perché le catene non possono contenere l'aria, il respiro e
l'afflato poetico.
CATENE D'ACCIAIO
Quante volte è stata tolta dalle labbra
la mia canzone e quante volte è stato
azzittito il sussurro del mio spirito
poetico!
Il significato della gioia è stato
sepolto dalla febbre della tristezza.
Se con i miei versi tu notassi una luce:
questa sarebbe il frutto delle mie
profonde immaginazioni.
Le mie lacrime non sono servite a niente
e non mi rimane altro che la speranza.
Nonostante io sia figlia della città della
poesia,
i miei versi furono mediocri.
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Immagine di David Walker presa QUI |
Nonostante io sia figlia della città della poesia,
i miei versi furono mediocri...
E io dico felice archivio:
ma furono lo stesso ritmati
dal corpo del poeta,
che sente l'anima di un popolo
e di un genere tra i secoli e i continenti,
e che la trasmette con voce primordiale
nel ridefinire il mondo a cavallo del tempo.
Nadia Anjuman fu definitivamente ammutolita
dal marito il 4 novembre 2005.