Ciao,
eccomi
qui. Da tempo cari amici non ci siamo sentiti. È stato un periodo
intenso di lettura, scambio di opinioni ed esperienze con tutti,
lettori compresi, e di lavori in corso. Uno tra questi è terminato
ed è, a differenza dei testi poetici, il mio primo racconto
presentato in forma autonoma, e non come gli altri più brevi assieme
a miscellanee di altri autori. Presento un tema sovraesposto nella
pubblica opinione quanto superficiale nell'analisi. Cattura
attenzione e incuriosisce forse per la caratteristica di apparire
come risultato di processi psichici remoti fondamentali e di
relazioni sociali pervasive in ogni accadimento del giorno. Risulta,
in conseguenza, il paradosso di costituire un fatto personale e
strettamente attuale. Doppia censura che afferma la malattia come
causa, invece di costituire il sintomo e il segnale di sprofondare
negli abissi.
Che
cosa accade quando la cultura e la società determinando la scissione
tra mente e corpo, sono viste con l'occhio della loro figlia (la
tecnica)? Che cosa accade quando la volontà tesa a perseguire
obiettivi gestibili e riducibili in termini di efficacia, rivolge le
sue armi verso se stessa? E quando ancora l'occhio tronfio e illuso
d'onnipotenza, vede l'abbandono e il fallimento già da sempre
certificato? Un accadimento insospettato è che proprio la parte
separata e creduta più debole, reagisca ed esponga il sovrappiù di
ciò che siamo nell'irriducibile esistenza d'ognuno.
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Aleksandr
Rodchenko, Ritratto di Med Georgi-Petrusov
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